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Ente minerario sardo

Note storiche e biografiche:

L'Ente minerario sardo fu fondato nel 1968 a seguito della decisione presa dal Consiglio regionale sardo, per il lancio di un vasto programma avente lo scopo di migliorare l'industria mineraria locale che, nel corso degli ultimi anni cinquanta del secolo scorso, in conseguenza dei costi di produzione sempre più elevati a fronte di valori delle produzioni via via decrescenti, si era avviata verso una grave crisi. Per il risanamento ed il potenziamento del settore minerario si rendeva quindi necessaria l'attuazione di una politica mineraria regionale di ampio respiro, orientata ad avviare gli interventi necessari per promuovere e agevolare nuove iniziative integrative e/o sostitutive delle suddette attività in crisi. La legge regionale del 8 maggio 1968, n. 24, istituiva l'Ente minerario sardo, con funzioni di studio e ricerca, scientifica ed operativa, per l'individuazione e valorizzazione delle risorse minerarie in Sardegna. Di fatto costituiva lo strumento attraverso il quale la Regione si proponeva di svolgere un'azione di coordinamento dell'industria mineraria dell'isola, di predisporre e realizzare il programma straordinario di ricerca e di promuovere la verticalizzazione del settore estrattivo. Nel 1973, l'Ente presentava un Programma generale straordinario di ricerca, nel quale la ricerca geologica e mineraria costituisce uno strumento indispensabile per un'organica e completa conoscenza delle effettive possibilità offerte dal sottosuolo isolano. Con la legge regionale del 4 dicembre 1998, n. 33 (Interventi per la riconversione delle aree minerarie e soppressione dell'Ente minerario sardo) l'Ente viene soppresso.


L'Ente minerario sardo fu fondato nel 1968 a seguito della decisione presa dal Consiglio regionale sardo, per il lancio di un vasto programma avente lo scopo di migliorare l'industria mineraria locale che, nel corso degli ultimi anni cinquanta del secolo scorso, in conseguenza dei costi di produzione sempre più elevati a fronte di valori delle produzioni via via decrescenti, si era avviata verso una grave crisi. Infatti, i giacimenti della Sardegna, che per tanti anni avevano consentito lo sviluppo di una intensa attività mineraria, a causa delle ridotte dimensioni delle mineralizzazioni, dell'impoverimento delle medesime, delle costose modalità di estrazione dei minerali non erano più in grado di garantire un'attività estrattiva economicamente accettabile. Inoltre, per metalli come il piombo e lo zinco, che avevano potuto beneficiare per lungo tempo di protezione doganale, la crisi era destinata ad accentuarsi anche in conseguenza dell'abbattimento dei dazi nell'ambito della Comunità economica europea. Altri minerali, invece, come la fluorite e la barite, oltre a risentire, sia pure in minor misura della concorrenza sui prezzi, scontavano i limiti della ristretta capacità produttiva non sufficientemente adeguata a soddisfare le crescenti richieste del mercato determinate dalla espansione dell'impiego dei due prodotti. Peraltro il settore era caratterizzato da una notevole dispersione dei giacimenti nel territorio e dalla frammentazione del sistema produttivo costituito da un numero elevato di aziende di estrazione in gran parte di modesta dimensione.

Per il risanamento ed il potenziamento del settore minerario si rendeva quindi necessaria l'attuazione di una politica mineraria regionale di ampio respiro, orientata ad avviare gli interventi necessari per promuovere e agevolare nuove iniziative integrative e/o sostitutive delle suddette attività in crisi.

A tale scopo, era prioritario avviare studi, ricerche e sperimentazioni allo scopo di:

a) conoscere la consistenza delle risorse minerarie disponibili e le possibilità del loro ottimale sfruttamento, fino alla trasformazione in loco dei minerali estratti;

b) individuare, entro i titoli minerari vigenti, nuovi giacimenti ed estendere la conoscenza di quelli noti, al fine di consentire, nelle miniere in attività, l'incremento delle produzioni ai livelli necessari per la riduzione dei costi, garantendone il mantenimento per un periodo sufficiente e, nelle miniere inattive o nei permessi, la ripresa o l'inizio della attività estrattiva;

c) individuare, fuori dei titoli minerari vigenti, nuovi giacimenti per l'avvio di nuove attività estrattive sia nei settori tradizionali che in nuovi settori;

d) aggiornare le tecniche di lavoro e potenziare, razionalizzare o costruire gli impianti per l'estrazione, l'arricchimento e la trasformazione dei minerali;

e) aumentare l'occupazione e migliorare le condizioni di igiene e di sicurezza del lavoro. La realizzazione di un così vasto programma richiedeva, da parte dell'amministrazione regionale, la disponibilità di adeguati stanziamenti straordinari, sia per le iniziative a suo completo carico, sia per il concorso nelle spese e per la concessione di quelle agevolazioni indispensabili alle aziende per far fronte allo sforzo finanziario derivante dall'impiego di notevoli investimenti.

Nel 1962 il Parlamento approvò la legge 2 giugno 1962 n° 588 Piano straordinario per favorire la rinascita economica e sociale della Sardegna, con la quale fu disposto lo stanziamento straordinario di 400 miliardi di lire a favore della Regione autonoma della Sardegna. L'articolo 26 della legge è dedicato espressamente al settore minerario e prevede la valorizzazione delle risorse minerarie sarde attraverso l'esecuzione di un programma straordinario di ricerche allo scopo di accertare le risorse disponibili, e di studi e sperimentazioni sulle possibilità di incremento della produttività estrattiva.

Nel 1963 il Comitato dei ministri, nella delibera di approvazione del Piano di rinascita, invitò la Regione a predisporre un Piano quinquennale di attuazione del Piano di rinascita.

Il Piano quinquennale elaborato dalla Regione, e riferito agli anni 1965-69, prevedeva l'istituzione, con apposita legge regionale, dell'Ente minerario sardo, e l'affidamento ad esso dei compiti di ricerca, studio e sperimentazione sulle possibilità di incremento della produttività estrattiva e di lavorazione sul posto dei minerali estratti.

L'Ente minerario sardo nasce quindi nel 1968 con funzioni di studio e ricerca, scientifica ed operativa, per l'individuazione e valorizzazione delle risorse minerarie in Sardegna. Di fatto costituì lo strumento attraverso il quale la Regione si propose di svolgere un'azione di coordinamento dell'industria mineraria dell'Isola, di predisporre e realizzare il programma straordinario di ricerca e di promuovere la verticalizzazione del settore estrattivo.

Vengono infatti affidati all'Ente i compiti:

a) di sviluppo delle conoscenze sulla struttura geologica, geomineraria e giacimentologica della Sardegna e aggiornamento dei dati relativi;

b) di promozione e coordinamento del programma straordinario di ricerca per l'accertamento delle risorse minerarie, di studi e sperimentazioni sulla possibilità di incremento della produttività estrattiva e di sfruttamento e lavorazione sul luogo dei minerali estratti, ai sensi dell'articolo 26 della legge 11 giugno 1962, n. 588;

c) di ricerca operativa spettanti alla Regione nei casi previsti dall'articolo 13 del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, e successive integrazioni e modificazioni;

d) di promozione della coltivazione, trasformazione e collocamento commerciale delle risorse minerarie esistenti nel territorio della Regione, con particolare riguardo a quelle non tradizionalmente sfruttate o che nella attuale struttura non completano in Sardegna il ciclo trasformativo;

e) di promozione della qualificazione professionale delle maestranze addette ai lavori di estrazione e trasformazione dei minerali;

f) di attuazione di un servizio di informazione e documentazione tecnica ed economica sulle attività minerarie.

Nel 1973, l'Ente minerario sardo presentò un Programma generale straordinario di ricerca, nel quale la ricerca geologica e mineraria costituì uno strumento indispensabile per un'organica e completa conoscenza delle effettive possibilità offerte dal sottosuolo isolano. Il Programma assunse la ricerca di base quale infrastruttura fondamentale di sviluppo, nella considerazione che la conoscenza completa della geologia di una regione si pone come presupposto indispensabile, non solo per la valorizzazione delle risorse minerarie del sottosuolo, ma anche per i più generali problemi dell'assetto del territorio, dell'approvvigionamento idrico e della costruzione delle grandi opere civili.

Obiettivi del Programma erano:

a) raccogliere, consultare e verificare tutta la documentazione a carattere geologico, giacimentologico e minerario;

b) realizzare un inventario realistico e completo delle consistenze minerarie, certe e molto probabili;

c) indicare le zone previsionalmente idonee a nuovi ritrovamenti.

Con la legge regionale del 4 dicembre 1998, n. 33 (Interventi per la riconversione delle aree minerarie e soppressione dell'Ente minerario sardo) l'Ente viene soppresso.

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Elementi descrittivi

Identificazione

Denominazione autorità: Ente minerario sardo

Altra denominazione

denominazione in forma di sigla: E.M.Sa. (dal 1968 al 1998)

denominazione ufficiale: Ente minerario sardo (dal 1968 al 1998)

forma secondaria: E.M.Sa.

Contesto temporale

Data istituzione: 1968
Data soppressione: 1998

Atti normativi

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